venerdì 12 ottobre 2012

Bicchieri che isolano, bicchieri che uniscono

Ne è piena la storia e ne son piene le storie, i bicchieri fanno il doppio gioco: da una parte invitano alla convivialità, dall'altra sono mezzo per raggiungere la solitudine.
Per raccontare questo aspetto del bicer, ci serviremo delle immagini, per renderlo meno noioso!

Partiamo dall'Assenzio, aggregante, disgregante e degradante alcolico che spopolò fra la metà del XIX e l'inizio del XX secolo, quando, al terzo lustro, in Francia fu bandito per i problemi sociali che la sua dipendenza provocò.

La seconda metà dell'Ottocento è probabilmente uno dei periodi artistici più interessanti di sempre: nasce l'impressionismo, che riporta al presente una pittura che con il neoclassicismo s'era rinchiusa nei miti del passato, fiorisce, o meglio per rimanere attinenti al movimento,sfiorisce il decadentismo mentre paradossalmente l'Europa della restaurazione vive un lungo periodo di pace politica, ma non emotiva! Anche questa lunga ondata di pace è fra i fattori che permettono lo scoppiare dell'apparentemente pacifica rivoluzione industriale, che permetterà la produzione in serie. Inutile dire che il nostro amato bicchiere è uno dei soggetti principali dello studio della nuova industria e di ciò che ad essa voleva opporsi. L'Arts and Crafts Movement, in particolare, con il designer Tiffany, si specializzò nelle realizzazioni in vetro, ovviamente richiamanti al gotico, e fra gli oggetti in vetro non mancano i bicchieri come il Calice Tiffany perlato del 1899.
Ma il bicchiere fa da protagonista nell'arte e nella vita degli artisti, come testimonia il dipinto scelto come sfondo del blog: Assenzio di Degas, 1876. Il bicchiere, al centro rappresentativo e non geometrico dell'opera, è il simbolo dell'emarginazione e della solitudine che stride con l'immagine felice e spensierata della Belle Époque.


Incredibile notare come quest'immagine sia similare ad una foto ritratto del poeta maledetto Verlaine, in entrambe il bicchiere è il cuore della rappresentazione...


...e simile anche al ritratto che Verlaine fece ad un altro maletetto, Arthur Rembaud, che pur dinnanzi ad un bicchiere (più facile perdersi in un bicchiere di vino spagnolo Old Porter che in un bicchier d'acqua) non perde il suo volto da ragazzino...


Ma il bicchier, o meglio il lieto calice, è anche un mezzo di unione e convivialità, come nella Traviata di Verdi dove un grande brindisi, Libiam ne' lieti calici, fa da padrone nel primo atto dell'opera, con un inno a tempo di valzer al vino e all'amore. Il Calice, il cui nome si rifà al fiore, altro non è che un bicchiere da vino, e da brindisi, dall'aspetto floreale e forse non è un caso che il lieti calici la bellezza infiora...
Curioso notare, inoltre, che il suo gambo è detto stelo. In inglese il calice divien Goblet, facendo sua la parola francese gobel, nella forma diminutiva gobellet derivante dal verbo gober, deglutire, probabilme che il gobellet abbia varcato la Manica insieme ai suoi immancabili compagni d'avventura, i vini francesi.



Posto non ancora completato, lo pubblico solo perché conoscendomi so che altrimenti lo perderei, abbiate pazienza.

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